Il Documento Programmatico di Economia e Finanza (DEF), che programma le prossime mosse economiche del Governo nel medio termine (2024-2026), è stato varato qualche giorno fa dal Consiglio dei Ministri. Un CdM colmo di temi: dall’immigrazione al Ddl capitali, che aspettava al banco di prova il Governo Meloni proprio sui temi economici che spesso riportano i Governi con i piedi per terra, costringendo a ridimensionare le stime rispetto i programmi elettorali.
DEF e DPB: come si programma l’economia
Il Def ha, appunto, l’obiettivo di programmare il percorso economico dell’esecutivo tracciando stime e obiettivi che dovranno poi passare il vaglio degli organi europei che esprimono una valutazione basata sui parametri di bilancio che l’Unione richiede ai vari Stati membri. Importante parametro di raffronto per questo documento, è rappresentato dal DPB (Documento Programmatico di Bilancio).
DPB 2023, le stime di Novembre
Un documento di valutazione e programmazione per l’economia dei Paesi UE, istituito dai regolamenti europei che permette alle autorità europee di fare un primo controllo e una prima valutazione sulle mosse che i membri puntano ad adottare. Il Governo Meloni aveva presentato il DPB 2023 a Novembre e, nel DEF varato in questo ultimo CdM, ritrova conferme e anche qualche segnale incoraggiante.
PIL stime a rialzo
Il primo dato che migliora rispetto al DPB di Novembre, riguarda il PIL per il 2023 che segnerà un rialzo dello 0,9% (contro lo 0,6% previsto nel precedente provvedimento). Stime incoraggianti anche nei successivi esercizi, con il 2024 che segnerà una crescita pari al 1.4% (programmatico 1.5%), nel 2025 1.3% e infine nel 2026 si prevede una crescita del 1,1%. Rispetto ai miglioramenti previsti nel 2023, le stime del DEF sono più prudenti riguardo al 2024 e al 2026.
Pesano guerra e crisi bancaria
Nella nota, il Ministero in capo a Giorgetti spiega che a pesare sulla crescita sarà ancora il conflitto ucraino, al quale si sommano le crisi localizzate di alcuni grossi istituti bancari (SVB, Credit Suisse su tutte ma anche importanti istituti europei come deutsche bank) e l’aumento dei tassi deciso da Lagarde per fronteggiare la crisi inflattiva.
Taglio al cuneo fiscale: 3 miliardi per taglio ai contributi
Proprio con uno sguardo all’inflazione si è ragionato anche sul tema del taglio al cuneo fiscale. Il provvedimento principale del DEF, sarà infatti destinato al taglio dei contribuiti per i lavoratori dipendenti con stipendi medio-bassi. Il tesoretto di 3 miliardi a disposizione del Governo, sarà investito quindi così, con l’obiettivo di alleviare il peso del caro prezzi sulle famiglie, puntando ad aumentare il potere d’acquisto ma senza innescare un aumento dei salari. Il Governo, sollecitato da Bankitalia, punta a evitare la spirale salari-inflazione (aumentare i salari vorrebbe dire immettere circolante sui mercati rischiando di accelerare il fenomeno).
Deficit stabile al 4,5%
Un aumento quindi timido che riguarderà gli stipendi più bassi e che porterà a diminuire la pressione fiscale dall’attuale 43,3% al 42,7%. Una manovra permessa, dal mantenimento del deficit al 4,5% che mantenendosi stabile rispetto alle stime ha permesso di ricavare le risorse per questo provvedimento.
Fardello d’Italia
Questione altrettanto centrale riguarda le stime sul debito. Il punto probabilmente più delicato, dato il peso del debito che grava sulle spalle del nostro Paese, rendendoci uno dei Paesi più attenzioni dalle autorità europee che sul tema ci hanno più volte richiamato chiedendoci approcci più responsabili e invocando da anni riforme strutturali mirate alla ristrutturazione del debito. Il covid, la guerra e la conseguente crisi economica hanno però portato a far lievitare ancor di più questo fardello.
La nota a margine del CdM.
Stime sul debito positive
Il Governo può, tutto sommato, dirsi ottimista con le stime che segnano un ribasso del rapporto debito/PIL. Rispetto all’attuale 144,4%, nel 2023 si prevede un 142,1%, nel 2024 141,4% e infine nel 2026 un 140,4%. Stime che migliorano rispetto alle previsioni del DPB, segnando una diminuzione di ulteriori 1.3 punti.
Ancora Superbonus
Non mancano le puntualizzazioni che rimproverano ai precedenti governi politiche gravose per le casse dello Stato. In particolare il Superbonus avrebbe frenato le stime di discesa del debito, con i 140 miliardi spesi per il provvedimento, che vengono cerchiati in rosso dall’esecutivo Meloni al quale non manca occasione per sottolineare la gravosità della misura grillina.
Ultima Modifica: 16 Aprile 2023