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Israele: Netanyahu in crisi? Civili ed esercito protestano

Israele in piazza

A pochi mesi di distanza Israele e il suo “governo più a destra di sempre” stanno vivendo una nuova crisi. La Knesset, il parlamento israeliano, vuole approvare una legge che limiterebbe i poteri della Corte Suprema in favore del legislativo stesso. Molti cittadini e gran parte dell’esercito sono contrari e per questo motivo elevano la loro voce di dissenso.

IL COSTITUZIONALISMO ISRAELIANO

Israele non ha una vera e propria costituzione intesa come quella del modello italiano, francese e americano. Di ciò, però, non bisogna stupirsi dato che uno stato facente parte dell’Europa, l’Inghilterra, non ne ha una scritta ma si basa sul “common law” cioè su norme consuetudinarie e vari princìpi stabiliti lungo la storia del costituzionalismo inglese.

Israele ha una serie di “leggi fondamentali” e la “Dichiarazione di indipendenza” che determinano la struttura istituzionale. La Corte Suprema muove il suo operato e controllo delle leggi promulgate dal parlamento in base ad esse. Ogni sua sentenza fa giurisprudenza influenzando sia il sistema politico sia quello giudiziario. Al momento della nascita dello Stato d’Israele non fu possibile giungere ad un accordo date le numerose anime che compongono il territorio e la popolazione, la quale è divisa secondo molteplici linee di frattura.

LE LINEE DI FRATTURA

La prima, ma anche la principale, è quella tra popolazione ebraica e popolazione araba. La stessa popolazione ebraica presenta due ulteriori fratture: l’origine e il loro approccio con la politica. Nel 1950 la Knesset promulgò la legge del ritorno e la legge sulla cittadinanza. Quest’ultima concedeva la cittadinanza a qualunque persona di discendenza ebraica a patto che avesse l’intenzione di vivere nell’allora neo-stato e prestasse servizio militare. La legge del ritorno, ancora oggi, crea polemiche dato che viene riproposta di tanto in tanto. Nel 2022 si era pensato di estenderla anche alla quarta generazione di ebrei russi in modo che essi potessero fuggire in massa dalla chiamata alle armi di Vladimir Putin nella guerra all’Ucraina

La popolazione è composta da ebrei mediorientali e nord-africani (Sefarditi cacciati dal principato di Granada dai Re Cattolici), europei ( i Ashkenaziti, soprattutto tedeschi) ma anche provenienti dall’Etiopia (i Falascià) ed infine gli ebrei russi.

La popolazione araba comprende, invece, l’83,8% di musulmani, il 7,9% di cristiani e l’8,2% di drusi. Ogni confessione religiosa a sua volta è frazionata. La seconda frattura è dovuta dalla presenza degli ultraortodossi con le loro divisioni interne sulla gestione della politica. Date le diverse provenienze e credo religioso le persone, una volta tornate, si erano portate con sé un bagaglio culturale e politico influenzato dalle loro multiformi esperienze. Per questo motivo fu possibile trovare un accordo solamente sulle cd. “leggi fondamentali”.

Israele e Netanyahu
Netanyahu con un Falascià (ebreo etiope)

LA CONTROVERSA RIFORMA DELLA GIUSTIZIA

I manifestanti sostengono che tale riforma toglierebbe poteri di controllo alla Corte Suprema per affidarli al governo di Netanyahu e che ciò sarebbe un pericolo per la democrazia stessa, eliminando così ogni contrappeso al potere del governo. La stragrande maggioranza di piloti riservisti di un’unità dell’aviazione (37 su 40) hanno notificato ai loro comandanti – secondo i media – che non parteciperanno ai loro obblighi di addestramento finché il governo continuerà con la sua riforma giudiziaria. Netanyahu si trova contro, dunque, oltre ai civili anche i riservisti e i corpi d’élite, quest’ultimi storici suoi sostenitori. La protesta è ancora più capillare dato che molti imprenditori e gestori di varie start up prendono posizione al riguardo contro il governo facendo fuggire i capitali dell’Hi tech.

Ciò che spaventa i manifestanti è il fatto che la riforma intende dare al parlamento la possibilità di annullare le decisioni della Corte con una maggioranza semplice. Darebbe, inoltre, al governo il potere di nominare i giudici, compito che attualmente spetta ad un comitato composto da magistrati, giuristi e politici. Al momento, prosegue l’iter legislativo ma contemporaneamente il Presidente, Isaac Herzog sta tentando una mediazione tra le varie istituzioni e i partiti.

La controparte, il governo e i suoi sostenitori, affermano convintamente che la riforma sia necessaria per ribilanciare i poteri dato che la Corte – sempre secondo i proponenti della riforma – negli ultimi anni sarebbe intervenuta in diversi ambiti, dato il suo forte potere.

LA CORTE SUPREMA

La Corte suprema israeliana ha assunto, a partire dagli anni ’90, il ruolo di contrappeso al potere esecutivo grazie a numerose sentenze che le hanno dato il potere di abolire le leggi approvate dalla Knesset. Al momento, la Corte suprema oltre ad abolire le leggi ha il potere, entro alcuni criteri, di revisione della legislazione. Tramite le sue sentenze essa ha anche la facoltà di rimuovere i ministri in caso di incompatibilità. Un esempio concreto e recente, risalente ad un mese fa, è la rimozione di Ariye Dery dal suo incarico di Ministro dell’Interno e della Salute su proposta della Corte Suprema dato che era stato processato precedentemente per evasione fiscale. Ariye Dery è il leader della Shas, partito ultraortodosso e il secondo per importanza nella coalizione di governo, e uno stretto alleato del Primo Ministro. Secondo il partito Shas e i suoi sostenitori questa è stata una mossa politica da parte della Corte Suprema.

A sx Dery e a dx Netanyahu

NETANYAHU IN ITALIA

In data 10 marzo 2023 il Primo Ministro israeliano ha deciso di proseguire i suoi impegni istituzionali in politica estera, visitando ufficialmente l’Italia e la comunità ebraica di Roma. Le proteste per la possibile riforma giudiziaria nel corso della sua visita non sono mancate; infatti, al di fuori dell’Hotel di Netanyahu membri della comunità israeliana italiana hanno intonato cori in nome della democrazia.

Prosegue così anche la politica estera italiana spostandosi questa volta maggiormente sul fronte del Mar Levantino, il Mediterraneo orientale.

Dopo l’incontro di venerdì pomeriggio con Giorgia Meloni a Palazzo Chigi, Netanyahu ha affermato: “l’amicizia tra Israele e l’Italia è stata lunga e crescente, ma penso che sta per prendere una dimensione ancora maggiore”

Benjamin Netanyahu e Giorgia Meloni

Il suo incontro con Giorgia Meloni, non a caso, è arrivato subito dopo l’annuncio della ripresa delle relazioni diplomatiche tra Iran e Arabia Saudita. Annuncio che ha causato ampie critiche al PM israeliano. Al centro delle discussioni è lecito pensare che si sia parlato anche dell’Iran. Altro tema affrontato – come emerge dalle dichiarazioni – è la collaborazione ormai avviata da tempo tra l’Eni e Israele. Netanyahu al forum economico imprese, avvenuto prima dell’incontro a Palazzo Chigi, ha affermato la volontà di aumentare il volume di esportazione di gas in Italia ed Europa, per poi ribadirlo durante la conferenza stampa. Inoltre, il Primo Ministro israeliano ha menzionato che Israele potrebbe dare una mano all’Italia anche per quanto concerne i problemi di siccità.

La situazione in Israele, oltre alle proteste per la riforma giudiziaria, rimane complicata per le già note situazioni: l’escalation di violenze in Cisgiordania e il rapporto turbolento con Hamas. Recentemente c’è stato un attacco di Hamas nel cuore di Tel Aviv.

Meloni ha assicurato che l’Italia è “pronta a favorire ogni processo politico nei rapporti tra Israele e Palestina e a fare tutto quello che possiamo per facilitare la ripresa degli accordi e la de-escalation”. Inoltre, la Meloni ha affermato anche di voler aiutare Israele per una normalizzazione dei rapporti con gli altri paesi arabi.

Bisogna tenere in considerazione che a breve inizierà il Ramadan e che quest’anno combacia con la pasqua ebraica. Le complicate relazioni tra Israele e Palestina sono da tenere sott’occhio.

Last modified: 12 Marzo 2023

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