Il personaggio: Silvio Berlusconi e la politica
La sua storia è nota a tutti. A chi più e a chi meno. C’è chi conosce bene solo i suoi successi e chi solo le sue – piuttosto cupe – ombre.
C’è oggi chi lo acclama per i successi e chi lo demonizza per le malefatte. C’è anche chi non essendo al corrente di nulla, con atteggiamento depensante, non fa che accodarsi ad uno di questi due sentimenti giusto per poter dire di averlo fatto – o forse giusto per poterne parlare. C’è qualche idiota dice di godere per la sua dipartita e qualcheduno che si dispera.
L’articolo, invece, con cognizione di causa, e – nel limite del possibile – con oggettiva neutralità, si propone di ri-narrare un passaggio importante per la legittimazione internazionale di Silvio Berlusconi. Sebbene di momenti importanti che hanno costellato la sua carriera politica ve ne siano diversi, uno in virtù dello scenario attuale – il conflitto in corso ad est da casa nostra – risulta particolarmente significativo.
Il Caimano è sicuramente stato un personaggio periodizzante, presentante un prima e – oramai – anche un dopo. C’è chi è nato e che per decenni non ha mai conosciuto una politica in cui il Cavaliere non fosse in prima pagina.
La politica italiana, dalla nascita della c.d. Seconda Repubblica, quando fece la sua discesa in campo, sino ad oggi è stata modellata e scolpita irreversibilmente grazie – o purtroppo – alla Sua strategia politica.
È stato promotore dell’evento, che a Sua detta, sancì la fine della Guerra fredda: il vertice NATO – Russia.
L’Accordo di Pratica di Mare
28 maggio 2002, presso l’aeroporto militare di Pratica di Mare, nome in codice ICAO: L-I-R-E, non lontano da Pomezia, Silvio Berlusconi, al secondo mandato da Presidente del Consiglio, si incaricò di riunire le diciannove persone più importanti del globo in occasione del vertice NATO – Russia in cui verrà firmata la carta conosciuta come Dichiarazione di Roma. Dopo decenni di contrapposizione, il più importante Paese dell’ex Patto di Varsavia, la Federazione Russa, stava per siglare un accordo con gli alleati del Patto Atlantico in qualità di “collaboratore per la pace”. Queste le parole in calce alla dichiarazione del Summit:
“At the start of the 21st century we live in a new, closely interrelated world, in which unprecedented new threats and challenges demand increasingly united responses. Consequently, we, the member states of the North Atlantic Treaty Organization and the Russian Federation are today opening a new page in our relations, aimed at enhancing our ability to work together in areas of common interest and to stand together against common threats and risks to our security.”
Da qui nacque il concetto di “spirito di Pratica di Mare”, quell’atteggiamento ideologico di pacificazione, che in temi di conflitto russoucraino è tornato in voga, che vide la sua manifestazione in quell’incontro, preceduto sulla scia della collaborazione avviatasi nel 1997 alla firma del “Founding Act on Mutual Relations, Cooperation, and Security”, un primo impegno reciproco ad astenersi da minacce e uso della forza.
A livello pratico l’incontro vide l’istituzione del Consiglio NATO-Russia (NRC) come “meccanismo per la consultazione, la ricerca del consenso, la cooperazione, il processo decisionale congiunto e l’azione congiunta”.
Queste le parole all’apertura del Tg1:
“Buongiorno dal Tg1: è passata poco più di un’ora dalla firma che ha trasformato NATO e Russia da nemici a partner per la pace e sancendo la fine di mezzo secolo di guerra fredda […]”
L’ex Presidente del Consiglio rivendicò a lungo di aver posto fine alla Guerra fredda – conflitto che la storiografia ritiene conclusosi con la smembramento dell’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche nel dicembre del 1991 – e anche qualora volessimo spingerci ad essere d’accordo la realtà dei fatti dimostra che lo spirito di Pratica di Mare ebbe vita breve.
I rapporti iniziarono ad incrinarsi già dal 2008 con l’invasione dell’Ossezia del Sud compiuta dalla Georgia a cui l’esercito della Federazione Russa rispose con un intervento militare serrato sconfiggendo le truppe georgiane in una settimana, ottenendo, dopo il cessate il fuoco la rinuncia da parte della Georgia all’uso della forza contro l’Ossezia e l’Abcasia.
Nuovamente, nel febbraio del 2014 la Russia tentò il rovesciamento della Repubblica Autonoma di Crimea per poi proseguire con l’annessione militare della regione da parte dei c.d. “omini verdi”. Recentemente la Russia intervenne nella guerra civile della Repubblica Araba di Siria a difesa del regime di Bashar al Assad di cui ne sostenne l’amministrazione governativa, inviso a quasi tutta la comunità internazionale. Ancora, il perdurante conflitto in Ucraina conferma che lo spirito di cooperazione multilaterale che l’Italia aveva aiutato a forgiare è oramai definitivamente “defunctus”.
Nonostante l’evidente fallimento del presupposto alla base di Pratica di Mare, il coraggio del Cavaliere di riunire i leader delle due potenze mondiali in un contesto difficile, visti anche i trascorsi dei due Paesi, va riconosciuto. L’intenzione, che si tradusse in una situazione di relativa pace – seppure temporanea – fu infatti e soprattutto frutto della determinazione e dell’audacia di stringere dapprima amicizie e poi alleanze geopolitiche di Silvio Berlusconi. Di qui la sua “politica delle strette di mano”, prima tra “amici” e poi tra Capi di Stato e/o di Governo; egli riuscì quindi a profittare delle relazioni amichevoli per scolpire la linea di politica estera e diplomatica nella quale l’Italia, per lui, figurasse in prima linea.
Tirando le somme, quella simbolica stretta di mano favorita da Silvio Berlusconi fu importante in quel momento, l’Italia si apprestava a rialzarsi dopo anni di crisi e scandali ponendosi sul piano internazionale come la prima promotrice della pace nel mondo, l’immagine che il mondo stava ricevendo era forte. La realtà dei fatti ha dimostrato che ciò nonostante la guerra si è nuovamente insinuata nel mondo e l’aggressività è sopravvissuta.
La scomparsa di Silvio Berlusconi ci ricorda però la volontà che stava alle sue spalle: ha fatto della politica estera uno dei suoi capisaldi, una diplomazia fatta di alleanze strategiche e rapporti personali intrecciate con il fine ultimo di realizzare la pace. Talvolta ci è riuscito, talvolta no, tuttavia si deve una certa riconoscenza ad un politico tra gli ultimi della vecchia guardia.
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Last modified: 14 Giugno 2023