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Ucraina: il dibattito sui jet fatica a decollare

Ucraina: il dibattito sui jet fatica a decollare

Dopo aver ottenuto, a fine gennaio, dagli alleati occidentali la promessa di consistenti forniture di carri armati, l’Ucraina ha iniziato a chiedere a gran voce i jet da guerra in previsione della propria controffensiva di primavera. Attualmente, infatti, le forze ucraine sono costrette ad operare con un ridotto numero di caccia di produzione sovietica dato che la loro aviazione, già superata in partenza sia in tecnologia che in numeri da quella russa, ha subito nella fase iniziale del conflitto pesanti perdite solo in parte compensate dalla fornitura di aerei simili da parte degli alleati dell’est Europa.

A questi si aggiunge, presumibilmente, una quota di velivoli recuperati dai depositi ucraini e rimessi in servizio. La richiesta, ad ogni modo, sembra essere stata per il momento respinta dai destinatari in quanto la fornitura dei velivoli suscita in Occidente alcuni timori e molti dubbi.

Il rischio di una escalation

Innanzitutto, trattandosi di mezzi in grado di colpire molto oltre il territorio ucraino – almeno in teoria – si teme una possibile escalation legata a possibili attacchi ucraini su territorio russo. Finora la posizione americana ed europea riguardo agli aiuti, seppur sia diventata sempre più disinibita nell’arco di un anno di guerra, è rimasta molto cauta sulle cosiddette “linee rosse”.

Secondo le note teorie riguardo all’escalation che sono fiorite durante la Guerra Fredda, ogni volta che in un confronto tra superpotenze una delle due alza l’asticella impiegando un maggior numero di risorse e armi più sofisticate, si ha una reazione uguale da parte della controparte unita ad una certa quota di imprevedibilità: nessuna garanzia esiste che l’escalation proceda un gradino alla volta, in maniera controllabile.

È evidente, poi, quando parliamo di singoli membri dell’Alleanza Atlantica, che nessun Paese al di fuori degli Stati Uniti è disposto ad azioni unilaterali che possano esporlo a contromisure unilaterali russe. Da qui derivava la necessità di una “coalizione Leopard” posta da diversi Paesi membri della NATO, poiché in mancanza di un’azione collettiva i singoli Stati non avrebbero accettato di fornire un sostegno di quel tipo.

A ciò va aggiunto che questi aerei dovrebbero partire da una base presumibilmente in Germania ed entrare in uno spazio aereo conteso, con possibili incidenti che aprirebbero una concreta possibilità di scontro diretto NATO-Russia.

Il rebus della logistica

Altro discorso va fatto per quanto riguarda l’aspetto logistico: i velivoli ad ala fissa come i jet di quarta generazione richiesti da Kiev necessitano, per funzionare e portare a termine missioni, di una crew appositamente addestrata che comprende diversi professionisti e tecnici, oltre ai piloti. Questo significa che gli ucraini avrebbero necessità di formare i propri ingegneri.

Anche per quanto riguarda i piloti, sorgono due problemi di difficile soluzione. Innanzitutto, secondo fonti del Dipartimento della Difesa statunitense, l’addestramento per l’utilizzo di un F-16 potrebbe richiedere tra i 18 e i 24 mesi e, anche nel caso di piloti particolarmente esperti (il cui numero sarà, verosimilmente, ridotto) neanche la stima più ottimistica scende al di sotto dei 3-4 mesi, dando per scontato che si saltino una serie di passaggi burocratici e che la fornitura non subisca ritardi. Dunque, l’Ucraina dovrebbe sottrarre ai combattimenti la sua quota di personale migliore per un lungo periodo di tempo.

A complicare il quadro si aggiunge la circostanza stessa che ha permesso al Paese di mantenere una presenza aerea nei propri cieli. Oltre a disperdere le basi aeree, una delle tattiche che ha permesso di continuare a operare sfuggendo, almeno in parte, alla massiccia difesa aerea russa è stata quella di volare a bassissima quota, talvolta in prossimità di arterie stradali trafficate che camuffassero la presenza sul radar del velivolo. Un esempio di ciò si può osservare in questo video che ritrae un elicottero d’assalto ucraino volare quasi all’altezza delle automobili.

Volare a quota così bassa comporta però un notevole sforzo fisico e richiede molta esperienza. Questo potrebbe rendere ancora più problematico per gli ucraini separarsi dal loro personale più esperto. Un altro fatto da tenere presente è che sia i tecnici che i piloti che gli stessi aerei dovrebbero operare in condizioni non ordinarie, al di fuori di normali basi aeree e difficilmente avrebbero a disposizione piste lisce, condizione necessaria per l’utilizzo di molti caccia moderni.

Questa circostanza rende poco adatti ad essere forniti a Kiev sia gli Eurofighter Typhoon che gli F-16, entrambi modelli progettati per essere efficienti in combattimento, non per essere poco impegnativi da manutenere e operare. Un modello che potrebbe essere adatto sarebbe, invece, il Gripen in dotazione alla Svezia, Paese che tuttavia ha per ora escluso un suo invio.

Nel grafico sottostante si possono osservare i numeri raggiungibili dalle forze aeree russe e ucraine, considerate da sole o con il supporto di alleati. Nel caso della Russia si è ipotizzato un coinvolgimento diretto della Bielorussia, mentre per quanto riguarda l’Ucraina l’ipotesi è quella di un cambio di idea da parte svedese, stimando per eccesso la possibilità che fornisca circa metà della sua flotta di Gripen attualmente utilizzabili. Gli F-16 non sono considerati in quanto si è ancora troppo distanti dallo sciogliere i nodi di cui si parlava sopra.

Elaborazione di Politicare.eu su dati di The World Directory of Modern Military Aircraft (wdmma.org)

Da questi numeri, tenendo anche conto della solida difesa aerea russa, si capisce come sia necessario fornire molte centinaia di velivoli a Kiev per permettere che il loro utilizzo abbia un impatto significativo sul conflitto. A questo punto, però, ci sarebbero da risolvere altri problemi legati a quanto detto prima.

Per prima cosa, il tasso di abbattimento dei nuovi aerei sarebbe probabilmente alto, operando certamente in inferiorità numerica e contro una densa difesa aerea avversaria, obbligando i piloti a prendersi grossi rischi attuando anche tattiche come il già citato volo a bassissima quota.

In secondo luogo, l’insieme della necessità iniziale di un avere un elevato numero di velivoli e di quella di riceverne molti altri (pìù i pezzi di ricambio) per compensare le ingenti perdite renderebbe, verosimilmente, molto più difficile disperdere le basi e nascondere gli aerei. Di certo non si potrebbe fare qualcosa di simile all’immagine qui sotto, che ritrae la base aerea di Vasylkiv, nella regione della capitale, nel “lontano” 2020.

Immagine satellitare della base aerea di Vasylkiv nel marzo 2020. Fonte: Google Earth

Per concludere, i costi sarebbero abbastanza elevati, almeno stando a quanto ha recentemente affermato un funzionario del Dipartimento della Difesa americano, il quale ha specificato che una fornitura appropriata di F-16 nuovi costerebbe circa 10 miliardi di dollari e, usati, comunque non meno di 2.

Per ragioni di costo e praticità, dunque, da parte statunitense al momento si punta su altri sistemi d’arma reputati più adatti, primi fra tutti gli HIMARS, i famosi lanciarazzi che hanno permesso agli ucraini di colpire le posizioni arretrate e la logistica russa, grazie alla loro gittata di oltre 70 km e all’elevata precisione. Un approccio che potrebbe cambiare anche in poco tempo, come evidenzia la notizia datata 5 marzo dell’invio negli Stati Uniti di due piloti ucraini per sondare i tempi effettivamente necessari per un addestramento all’uso degli F-16, anche se rimane presto per stabilire se ciò avvenga in prospettiva di una fornitura in tempo di guerra o per un riassetto futuro in tempo di pace.

Jet sì, no o forse?

Jet forse. In molti sono convinti che alla fine gli alleati decideranno di fornire all’Ucraina i caccia e anche all’interno dell’amministrazione Biden e del Congresso stanno crescendo le pressioni sul Presidente in questo senso. Si sprecano i paragoni con la vicenda dei carri armati, richiesta respinta inizialmente come un’eresia, successivamente valutata con diffidenza e alla fine accettata.

Il paragone potrebbe effettivamente reggere ma in senso un po’ diverso da quanto si aspetta, in genere, chi lo propone. La celebre “coalizione Leopard” continua inesorabilmente a perdere slancio e rischia di essere declassata da iniziativa militare a iniziativa puramente politica e di principio.

Allo stesso modo, non è difficile immaginare che prima o poi si raggiunga la decisione di fornire i caccia: ciò che è difficile stabilire è se questa decisione avrà carattere politico, con l’obiettivo di migliorare la posizione dell’Ucraina al tavolo dei negoziati, oppure un carattere militare più deciso e orientato a ottenere successi significativi sul campo di battaglia.

Last modified: 10 Marzo 2023

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