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Piano di pace cinese, successo o fallimento?

Piano di pace cinese, successo o fallimento?

Lo scorso 24 febbraio, il Ministero degli affari esteri della Repubblica Popolare Cinese ha pubblicato un documento relativo ad un piano di pace attuabile per cessare le ostilità tra Russia ed Ucraina. Si tratta di una summa delle varie dichiarazione, riguardo il conflitto in corso, provenute dai più alti ranghi del PCC sino ad oggi. Sebbene sia presentata in maniera totalmente diversa, la proposta si concretizza in una sorta di position paper, utile a Pechino per mitigare “l’amicizia senza limiti” con Mosca e ristabilire i contatti con l’Occidente.

I 12 punti

L’atto si divide in 12 punti chiave che rappresentano i maggiori nodi da sbrigliare nell’intricata questione ucraina.  

  1. Rispettare la sovranità di tutti i Paesi: la Cina sostiene la sovranità, l’integrità e l’indipendenza territoriale delle forze in conflitto e promuove un’applicazione equa delle norme previste dal Diritto Internazionale.
  2. Abbandonare la mentalità da guerra fredda: Pechino ripudia la strumentalizzazione della disputa, così come il confronto tra blocchi, al fine di garantire pace e stabilità nel continente eurasiatico.
  3. Cessare le ostilità: entrambi gli schieramenti dovrebbero favorire un dialogo diretto tra Russia ed Ucraina, in maniera tale da raggiungere una tregua.
  4. Riprendere i colloqui di pace: l’unica soluzione per mettere un punto alla guerra in atto è la promozione di negoziati tra i player in gioco. 
  5. Risolvere la crisi umanitaria: tutte le azioni volte all’attenuazione della crisi umanitaria in corso vanno accolte ed incoraggiate; esse devono essere esenti da qualsiasi forma di politicizzazione. 
  6. Proteggere i civili ed i prigionieri di guerra (POW): i due schieramenti devono attenersi alle leggi del Diritto Umanitario Internazionale; la Cina, inoltre, sostiene lo scambio di prigionieri di guerra.
  7. Mantenere la sicurezza delle centrali nucleari: Pechino si oppone agli attacchi armati contro gli impianti nucleari e sostiene l’AIEA (Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica) per la messa in sicurezza delle infrastrutture sensibili.
  8. Ridurre i rischi strategici: le armi nucleari non devono, in alcuna circostanza, essere utilizzate.
  9. Facilitare le esportazioni di cereali: fondamentale risulta la piena attuazione dell’iniziativa sui cereali del Mar Nero firmata da Russia, Turchia, Ucraina e ONU.
  10. Fermare le sanzioni unilaterali: le sanzioni unilaterali sono deleterie e non contribuiscono al processo di deescalation, per tale motivo la Cina si oppone alle sanzioni non autorizzate dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.
  11. Mantenere stabili le catene industriali e di approvvigionamento: difendere il sistema economico mondiale esistente per mitigare le ricadute della crisi.
  12. Promuovere la ricostruzione post-bellica: Pechino si impegna in prima linea nell’assistenza post-bellica.

Un mediatore fazioso

La Cina, ad un anno esatto dall’inizio delle ostilità, esce dall’ombra e posiziona la sua pedina nel tabellone della partita ucraina. Il gigante asiatico si propone come attore terzo ed alfiere della pace, al fine di ripulire la propria immagine sporcata dalla partnership con l’Orso, siglata in dicembre con l’incontro tra Xi Jinping e Medvedev. 

Con questo documento il Dragone tenta di porsi al di sopra delle parti e fungere da mediatore nel contesto bellico. Questa posizione è danneggiata dai forti legami con la Federazione Russa che fanno tendere l’ago del bilancia dalle parti di Mosca. Si pensa infatti che il piano sia stata stilato, in alcuni punti, a quattro mani con il Cremlino, sebbene l’ultima parola spetti sempre al Politburo. Simbolica è la foto scattata nel corso del recente incontro tra Lavrov e Wang Yi, dove quest’ultimo si lascia andare ad un’irrefrenabile risata, atteggiamento alquanto ambiguo per un ministro cinese. 

Lavrov e Wang Yi al RIC Foreign Ministers’ Meeting (Beijing 02/02/2015)

Sebbene Pechino prenda le difese del proprio alleato, non si esime dal criticarlo in più punti. Nel primo punto infatti viene “punzecchiata” l’invasione russa, in quanto violazione dell’integrità territoriale di una Paese sovrano; nel punto 7 e 8, inoltre, si cerca di ridimensionare gli strumenti bellici russi, in maniera tale da evitare danni irreparabili per il continente eurasiatico. 

Ma il documento non risparmia lo schieramento opposto, il quale viene intaccato soprattuto nel decimo punto, dove si critica l’utilizzo delle sanzioni unilaterali per arginare l’approvvigionamento economico russo; esse sono giudicate come uno strumento deleterio che porta unicamente ad continuo riscaldamento degli animi.

Il muro occidentale e il tacito assenso russo

A poche ore dalla pubblicazione del contenuto sono giunte le prime dichiarazioni a riguardo. NATO ed UE si allineano fermamente nella bocciatura del contenuto, prontamente liquidato da Joe Biden, secondo il quale esso “presenta vantaggi solo per la Russia”. Il segretario generale dell’alleanza atlantica Jens Stoltenberg ha affermato: “irricevibile da un paese che non ha mai condannato l’invasione dell’Ucraina e che ha sottoscritto con la Russia accordi commerciali senza limiti”. Non si esime dal criticare anche la presidente della Commissione Europea Ursula von Der Leyen che bolla la proposta come, iniqua in quanto “non prende in considerazione chi è l’aggressore e chi è la vittima”.

Mosca non ha subito reagito all’emanazione dell’atto, sebbene la visita del leader bielorusso Lukashenko presso Pechino lasciasse intendere una velata approvazione, subito smentita dalle parole del portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, il quale ha affermato che, almeno per il momento, “non ci sarebbero, almeno per il momento, le condizioni necessarie a una soluzione pacifica” del conflitto.

Last modified: 10 Marzo 2023

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