All’inizio degli anni duemila la chiamavano la ‘marea rosa’. Oggi questa marea ritorna a segnalare come la gran parte dei paesi dell’America Latina siano governati da forze di sinistra non ‘rosse’ quindi comuniste, ma ‘rosa’ quindi socialiste e più moderate. Luiz Inácio Lula da Silva, è il nuovo presidente del Brasile. Eletto per la prima volta nel 2003 ha partecipato alla prima marea rosa, e con la sua rielezione nel 2022 ha contribuito anche alla seconda. A differenza della prima, però, nella seconda appare anche il Messico, un Paese storicamente alleato con gli Stati Uniti e in cui la sinistra non brillava. All’inizio degli anni 2000 contribuì a creare la situazione suddetta la minore interferenza negli affari interni da parte degli Stati Uniti, impegnati sul “fronte globale” a causa della fine della Guerra fredda. Durante quel periodo ci fu un innalzamento dei prezzi di materie prime, cibo, fertilizzanti ed altri beni di cui l’America Latina è esportatrice. Grazie a questo extra gettito i governi di sinistra riuscirono a finanziare politiche redistributive a favore delle classi sociali più deboli. Ma finita questa spinta economica i governi di sinistra entrarono in difficoltà. E alcuni Paesi, tra cui il Brasile, svoltarono cambiarono colore politico, eleggendo leader come Jair Messias Bolsonaro.
La situazione in Brasile
Il 30 ottobre si è svolto il secondo turno delle elezioni presidenziali in Brasile, dove l’ex sindacalista Lula ha ottenuto il 50,90% delle preferenze (60.345.999 voti) contro il 49,1% di Bolsonaro (58.206.354 voti), che ancora non concede vittoria. Le continue tensioni generate dal voto hanno provocato, lo scorso 9 gennaio, un assalto nella piazza dove sorge il Congresso. I facinorosi sono entrati sia in quest’ultimo che nel palazzo della Presidenza della Repubblica. In entrambi i casi hanno depredato e devastato l’interno degli edifici. Ma, secondo le autorità, l’assalto non può essere classificato come un tentato golpe per via dell’assenza di supporto di apparati militari ed una regia ben strutturata. Addirittura molti degli assalitori si trovavano in infradito da spiaggia.
La giustizia al centro della polarizzazione
Intanto l’ex presidente è in Florida e non pensa di tornare prima della fine del mese. Probabilmente teme ripercussioni giudiziarie sommarie, essendoci già stati vari episodi di censura nei confronti sia dei suoi sostenitori ma anche su parlamentari con immunità. Ad esempio il giudice Alexandre De Moraes ha ordinato a tutti i social media più utilizzati di oscurare i profili di vari giornalisti come il caso di Allan Dos Santos a cui sono stati anche congelati tutti i beni e tolto il passaporto. Questo di sua iniziativa e con inchieste secretate di cui non si possono consultare gli atti. I timori di arresto sono anche avvallati da arresti ordinati dalla Corte suprema, di giornalisti e deputati, in aperta violazione della costituzione. Arresti perpetrati senza presentare la violazione dell’articolo penale ed uscendo dal suo campo di competenza non avendo la corte suprema i poteri di ordinare arresti. Tutto questo aumenta la polarizzazione nell’opinione pubblica e crea disordini. In passato Lula è stato in prigione per oltre 18 mesi con una condanna per corruzione. La sua liberazione avviene nel 2021 dopo una seconda sentenza, che fa una retromarcia rispetto alla prima, di un giudice della Corte suprema. Quest’ultimo nominato dal partito di Lula ha dichiarato i tre gradi di giudizio che hanno portato Lula in carcere nulli per incompetenza territoriale. Questo accade a 5 anni dalla condanna. Grazie a questa sentenza, il candidato con più chance di battere Bolsonaro è stato riabilitato. Però quei 58 milioni di brasiliani che non solo non l’hanno votato, ma non lo riconoscono nemmeno come un presidente legittimo, preoccupano e non poco.
Ultima Modifica: 25 Gennaio 2023